lunedì 22 aprile 2013

Stefano Rodotà: il diritto del cronista alla disobbedienza civile

Intercettazioni: Rodotà,

senza questo strumento tanti casi sarebbero irrisolti



Stefano Rodotà





Intervista di Pino Finocchiaro








“L’argomento che viene adoperato e sbandierato dal presidente del consiglio, la necessità di proteggere la privacy dei cittadini è un argomento assolutamente ipocrita”.

E’ un giudizio netto quello pronunciato sulla nuova normativa sulle intercettazioni al vaglio del Parlamento da uno dei massimi esperti in fatto di tutela della riservatezza dei dati personali, Stefano Rodotà. Parliamo dei dubbi del cronista che da trent’anni segue processi alla mafia e alla borghesia mafiosa.

Il cronista ha diritto ad esercitare la disobbedienza civile?

“ Questo è certamente un caso di disobbedienza civile. Credo che ci sia in questi casi una forte responsabilità di spingere e legittimare la disobbedienza civile. Con il carico pesantissimo di sanzioni non tanto sui giornalisti, anche sui giornalisti ci sono pene detentive, ma soprattutto per gli editori. Perché arrivano sanzioni pecuniarie sino a mezzo milione di euro. A quel punto l’editore dirà, mi volete far rischiare tutto questo? Sarà lui e non più il direttore del giornale, non più il giornalista a stabilire che cosa si deve pubblicare o come si deve pubblicare. Perché a quel punto, l’ammontare di una sanzione potrebbe fare saltare una certa intesa. Obbligare un giornale alla chiusura. La disobbedienza civile. Certo i singoli giornalisti, l’affermazione di principi costituzionali. Ci deve essere da parte di tutti i giornalisti una consapevolezza di quello che sta accadendo e una collaborazione. Di Pietro ha detto leggeremo in Parlamento tutto ciò che questa legge riterrà impubblicabile, sicché a questo punto, una volta che l’informazione sia stata data in Parlamento i giornalisti lo potranno pubblicare. Una strada che può essere seguita. Sulla base della mia esperienza parlamentare direi che mentre in aula il presidente della seduta può anche togliermi la parola ma se presento un’interrogazione o un’interpellanza trascrivendo tutto ciò che risulta dalle intercettazioni, l’ostacolo è aggirabile. Dovrà esserci da parte dei parlamentari un’assunzione di responsabilità come accadde negli Stati Uniti con la vicenda dei Pentagon Papers”.



In un Paese in cui un giornalista rischia di finire in carcere – un mese, due anni, un giorno, non cambia; è il carcere che cambia la vita di un uomo – per aver scritto la verità… è un Paese un po’ meno civile.

“ Non solo è meno civile, meno democratico. Certo che la soglia di civiltà si abbassa, ma qui scompare drammaticamente un pezzo fondativo della democrazia. Andiamo sempre più verso società in cui la diffusione della conoscenza consente controllo diffuso e partecipazione dei cittadini, noi chiudiamo i canali di comunicazione. Qui c’è una regressione culturale, civile e politica drammatica”.



I dubbi riguardano anche e soprattutto l’utilità di queste innovazioni oltre che il diritto all’informazione.

“ Ci sono due punti, il primo riguarda la capacità di svolgere indagini, il secondo riguarda la possibilità di informare i cittadini. Dal primo punto di vista mi pare che qualche passo avanti viene fatto attraverso l’abbandono degli ‘evidenti indizi di colpevolezza’ che praticamente cancellava la possibilità di intercettare. Tuttavia, tutta una serie di indagini importanti sarebbero sostanzialmente precluse. Per la limitazione dei casi, per l’impossibilità di proseguire nelle intercettazioni e di usare un riferimento per intercettazioni ulteriori. “ In contrasto con le affermazioni di una più efficace lotta alla criminalità o comunque in contrasto con la necessità di garantire la legalità di tutte le attività che noi svolgiamo. Il che non significa che l’intercettazione possa o debba essere considerato l’unico strumento a cui ricorrere. Ma è certamente uno strumento efficace ed è stato ricordato in quanti casi, senza intercettazioni, risultati significativi non sarebbero stati possibili”.



Questo nuovo ddl rischia di fare una cortesia alle mafie più che garantire la privacy.

“Non c’è dubbio che questo tipo di restrizione fa uscire tutta una serie di possibilità di intercettazioni dall’ambito dell’azione di prevenzione e di accertamento dei reati. “ L’argomento che viene adoperato e sbandierato dal presidente del consiglio, la necessità di proteggere la privacy dei cittadini è un argomento assolutamente ipocrita”.“La verità è che comunque anche se si accertasse che la quantità di intercettazioni è eccessiva. La soluzione non sarebbe assolutamente quella individuata perché le due cose non sono necessariamente collegate. Certo se io non intercetto più, non escono più le informazioni. Ma non è questa l’alternativa. Il problema è: da una parte consentire che si svolgano le attività investigative. In questo caso il riferimento alla necessità di tutelare la privacy diventa un modo per liberarsi da tutta una serie di indangini che possono essere scomode. Per esempio nell’ambito delle attività finanziarie finirebbe con l’essere messa nelle condizioni di godere di un privilegio di maggiore difficoltà nell’accertamento dei reati che lì vengono commessi. E’ un pretesto. Secondo. La soluzione che viene adottata, nessuna possibilità di pubblicare fino all’udienza preliminare, è una pretesa che finisce con l’inquinare l’ambiente informativo. Non si tratta qui di reagire agli abusi dei giornalisti. Si tratta di dare ai cittadini la possibilità di essere informati, di esercitare il controllo diffuso su chi esercita, a qualsiasi titolo, una forma di potere”.



Così ci allontaniamo dall’Europa che ha sancito il diritto del giornalista francese a pubblicare persino intercettazioni illegali raccolte dai servizi quando hanno rilevanza per l’opinione pubblica

“ Certo, c’è la sentenza della Corte Europea che ha garantito il diritto all’informazione. Qui occorre sottolineare che questo viene fatto non in ottica corporativa, diamo un po’ di potere in più ai giornalisti, ma nell’ottica di garantire il diritto all’informazione di tutti i cittadini. Nella nuova normativa, i profili di incostituzionalità sono evidentemente molto forti. Ci avviamo verso una situazione nella quale avremo due effetti negativi. Da una parte l’impossibilità di conoscere. Sappiamo che la conoscenza non è la gogna mediatica di cui tante volte abbiamo parlato. Una serie di vicende… pensiamo a quella legata al nome del governatore della Banca d’Italia, Fazio, lì la scoperta di tutta una serie di attività in contrasto con i fini istituzionali ha consentito di rimuovere una situazione patologica grazie all’informazione dell’opinione pubblica. Perché la luce del sole è il miglior disinfettante. Priviamo l’opinione pubblica di questa possibilità di avere un circuito informativo. Secondo. Tutte ciò che sarà ricavato dalle intercettazioni e che formalmente non sarà pubblicabile, tuttavia sarà conosciuto da molte persone. Perché le parti, i loro avvocati, riceveranno questo tipo di informazioni perché, com’è giusto, devono essere informati. Si parla tanto della parità delle armi. Il pubblico ministero, l’avvocato dell’accusa sullo stesso piano dell’avvocato della parte privata. Dunque, un’enorme quantità di intercettazioni anche dopo le restrizioni di questa legge saranno a conoscenza di molte persone, non potranno essere formalmente pubblicate. Questo aumenta la possibilità di allusioni, insinuazioni, per non dire veri e propri ricatti. Perché queste notizie ci sono, sono conosciute da molti e questi molti potranno usarle in forme improprie. Quindi un’ulteriore distorsione del nostro sistema. E’ possibile una soluzione diversa. Lo dimostra il fatto che nella legislatura precedente era stato sostanzialmente trovato un punto di intesa dicendo: il magistrato in accordo con le parti elimina subito tutto ciò che non è pertinente per le indagini o che riguarda persone estranee alle indagini. Quindi gran parte delle condizioni che oggi destano preoccupazione o scandalo sarebbe risolta. Ancora. Tutte quelle informazioni sulle quali permane il dubbio che possano o no essere utili al processo non vengono cancellate, non sono pubblicabili, sono poste in un archivio riservato sotto la responsabilità del magistrato. Perché, una volta che tutto ciò che è ancora incerto nella sua utilizzabilità – e non è pubblicabile – si trovi in un archivio riservato e una volta che tutto ciò che è irrilevante per le indagini sia stato cancellato. Per il resto, la possibilità di pubblicare deve essere assolutamente riconosciuta”.



pinofinocchiaro@iol.it





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