domenica 21 aprile 2013

Il peccato originale di Rodotà: Berlusconi insofferente a ogni controllo



"Quello dell'indipendenza dei poteri di controllo in democrazia è questione capitale. Berlusconi, invece è insofferente ad ogni tipo di controllo. La vicenda Marrazzo è preoccupante perché ci riporta ai tempi delle deviazioni degli apparati dello stato in un clima peggiorato dai continui attacchi e tentativi di delegittimazione degli organismi di controllo". Stefano Rodotà rivela nella sua intervista ad articolo 21 le preoccupazioni di un giurista e legislatore che nel tempo si è sempre occupato dei diritti costituzionali dalla parte del cittadino. Per Rodotà il tentativo di separazione delle carriere dei magistrati, le nuove disposizioni in materia di indagini svincolate dal pm e i limiti alle intercettazioni sono sintomi della volontà dell'esecutivo di attenuare i poteri costituzionali di controllo affidati alla magistratura e al sistema dell'informazione. 
Professor Rodotà, Articolo 21 si appresta a lanciare una campagna che leghi i temi dell'indipendenza della magistratura con quelli della libertà di stampa. Secondo lei esiste questo legame? 
Sì. Penso e dico da molto tempo che c'è un legame rappresentato dal fatto che tutti i poteri di controllo sono stati progressivamente prima messi sotto accusa e poi laddove possibile messi nelle condizioni di non funzionare o di apparire delegittimati. I problemi di equilibrio e di controllo nel nostro sistema sono il Parlamento, le varie magistrature, a cominciare dalla Corte costituzionale, il sistema dell'informazione. Credo che in questo momento il legame tra queste cose è assolutamente evidente. Il Parlamento è addirittura chiuso. Una funzione essenziale dello stato costituzionale di diritto è inoperante. 
In che senso, inoperante? 
Fini ha chiuso la Camera per dieci giorni. E poi era diventato evidente che il Parlamento era diventato soltanto un luogo dove si ratificavano le decisioni del governo. Dove si discutevano e si approvavano solo decreti legge. Magari a colpi di voti di fiducia. Quindi, la funzione di equilibrio, di contrappeso, di controllo del Parlamento era stata assolutamente cancellata. Questa decisione di Fini registra uno stato di fatto con dieci giorni di non attività parlamentare. Non si è in condizioni di discutere proposte di legge perché non c'è la possibilità di avere la copertura finanziaria che è nelle mani del governo. Tutto questo dimostra che una funzione essenziale di equilibrio e di controllo in uno stato costituzionale di diritto, l'Italia, è praticamente azzerata. 
Parliamo del potere di controllo affidato alle magistrature. 
Il parlamento ha una funzione di controllo e di contrappeso politico. La magistratura ha una funzione di controllo e accertamento di legalità, che può essere il controllo di legalità della Corte Costituzionale, cioè la conformità della legge alla costituzione e un controllo di legalità ordinario che è quello fatto dai vari giudici ordinari e amministrativi e cioè di conformità dei comportamenti dei diversi soggetti privati e pubblici con le regole fissate dalla legge. Tale potere di controllo è in questo momento attaccato con varie ipotesi: ipotesi di nuove regole di composizione della Corte Costituzionale, sostanzialmente per ridurne l'autonomia e l'indipendenza, operazioni dello stesso tipo nei confronti della magistratura con l'idea di separazione delle carriere, con l'idea di diminuzione delle capacità di accertamento delle illegalità da parte dell'ufficio del pubblico ministero. Il tutto confermato dal fatto che è in discussione una normativa che prevede sia la polizia giudiziaria, non dipendente dal magistrato, a fare le indagini e a trasmettere poi le indagini al pubblico ministero che deciderà a questo punto se esercitare l'azione penale. Solo che la polizia è sotto il controllo del ministero dell'Interno. E quindi non passerà alla magistratura quelle vicende che sono sgradite al potere politico. Poi ci sono le limitazioni legate alla possibilità di intercettare riducendo sia i casi in cui le intercettazioni sono possibili, sia i tempi delle intercettazioni. Qui il legame tra sistema giudiziario e sistema dell'informazione si fa molto diretto. Perché se diminuisce la capacità di indagine, di accertamento di illegalità da parte della magistratura evidentemente diminuiscono anche le possibilità del sistema informativo di passare all'opinione pubblica le informazioni riguardanti comportamenti difformi dalla legge. Più specificamente, i divieti di pubblicazione dei contenuti delle intercettazioni, anche quando non siano più coperti da segreto, diventa un modo esplicito di impedire che i cittadini possano avere conoscenza di vicende molto gravi attivando così circuiti di opinione pubblica che sono importanti per imporre decisioni che non sono strettamente legate all'accertamento giudiziario ma possono riguardare altre forme di responsabilità. Faccio solo un caso. Se fosse stata vigente la normativa che in questo momento si deve ancora discutere sulle intercettazioni telefoniche, l'intera vicenda dei furbetti del quartierino e dintorni, cioè la Banca nazionale del lavoro e così via, non sarebbe arrivata a conoscenza dell'opinione pubblica. Per esempio, il governatore della Banca d'Italia sarebbe rimasto al suo posto. Mentre, invece, c'erano dei comportamenti, può darsi non siano rilevanti penalmente, ma che certamente erano in contrasto con le regole deontologiche, con la correttezza professionale. Quindi, l'intreccio è continuo. Con questo tipo di organizzazione di governo tutti i controlli sono sgraditi. E' un governo, una maggioranza, che vogliono avere le mani libere con l'argomento: noi siamo stati eletti dal popolo e questo impedisce che altri intralcino il nostro lavoro. L'attacco al sistema informativo, poi assume tutte le forme che conosciamo. Anche qui con sintonie molto forti con quello che è l'attacco al sistema giudiziario. Perché quando Berlusconi telefona a Ballarò, dice nello stesso tempo che l'informazione è comunista e che i pm sono comunisti. Una serie di parallelismi che si spiegano proprio con questa insofferenza per ogni tipo di controllo e con la volontà di concentrare solo nelle mani dell'esecutivo ogni forma di potere senza garanzie e senza occhi aperti.
A proposito di garanzie. Quando parliamo della libertà dei giornalisti, parliamo anche della libertà di scrivere o non scrivere cose che il giornalista può ritenere non utili, non necessarie. Invece, abbiamo assistito ad attacchi da parte delle televisioni di proprietà del premier nei confronti di un giudice, il giudice Mesiano, colpevole di aver emesso una sentenza civile. Se questo si dovesse allargare... chiunque potrebbe attaccare o pedinare un giudice perché ha affidato il figlio alla moglie oppure perché ha deciso su una proprietà o un diritto di passaggio. Francamente, siamo al paradosso della giustizia. 
"Certo. Questo non è un uso corretto dell'informazione. Rispetto a tanti casi di violazione vera o presunta della privacy che ci sono stati in questo periodo penso che il caso del giudice Mesiano sia il più grave di tutti. Se ci si fosse limitati a dire che il giudice Mesiano è diventato una figura pubblica perché ha pronunciato una sentenza che ha fatto scalpore - quella dei 750 milioni di risarcimento della Fininvest alla Cir di De Benedetti - e si fosse pubblicata la foto, scattata in luogo pubblico, non ci sarebbe stato nulla da obiettare. Ma qui che cosa è accaduto? E' accaduto che questo giudice sia stato seguito, filmato, i suoi comportamenti del tutto aderenti a quello che è l'ordinario comportarsi di una persona nel corso della giornata. Camminare davanti al barbiere, fumare, sedersi su una panchina, sono stati oggetto non solo di diffusione senza l'autorizzazione della persona interessata, magari con l'argomento che si trattava di un luogo pubblico, ma esposti a commento. Questo è un modo per espropriare le persone dell'intimità minima. Quella che ognuno di noi dovrebbe avere rispettata, perché questa è la soglia dell'esistenza che dobbiamo conservare al di fuori di ogni intromissione esterna. Se io esco di casa e questo semplice fatto diventa oggetto di ripresa e di trasmissione, evidentemente, questa sfera di intimità e riservatezza viene completamente azzerata. Rispetto a tutti i casi che sono stati ricordati in questa fase, questo mi sembra assolutamente il più grave per la violazione della riservatezza della persona, spinta sino a soglie che non possono essere superate. Anche le cosiddette figure pubbliche hanno diritto alla sfera di intimità quando le informazioni che li riguardano non si riferiscono alle funzioni che esercitano. Ora, non c'è dubbio che tra la decisione del giudice Mesiano e andare dal barbiere o portare i calzini di un certo colore non c'è nessun possibile tipo di rapporto. Ecco perché questo è un caso gravissimo di violazione della privacy. E' un caso gravissimo di violazione del codice di deontologia da parte del giornalista. 
Abbiamo l'impressione, da giornalisti - se vuole da osservatori privilegiati di quello che accade - di tornare ad un periodo di conflitto tra istituzioni o nelle istituzioni, un po' paragonabile a quello degli anni '70. Il caso Marrazzo. Non voglio entrare nel merito delle frequentazioni dell'ex governatore del Lazio. Però, il fatto che cinque carabinieri abbiano potuto pedinare, vessare, rapinare il governatore del Lazio - potrebbero anche averlo, dico così a livello teorico, indotto a fare degli atti politici sotto la minaccia delle armi o del ricatto - il fatto che accada tutto questo e tutto ciò si prolunghi per tre lunghissimi mesi sino all'intervento delle altre forze dell'ordine... è un fatto inquietante? 
E' un fatto inquietante. Devo dire che avviene in un contesto... Lei ricordava anni passati ... un contesto che è ancora più inquietante di quanto non avvenisse in passato perché in questo momento la delegittimazione di tutte le istituzioni di controllo apre le porte a queste che... chiamiamole deviazioni dei carabinieri... però sono comportamenti che vengono a condizionare il funzionamento del sistema politico. Non dimentichiamo che noi veniamo da un'epoca che io non so se sia stata chiusa, quella delle deviazioni dei servizi segreti. Deviazioni dei servizi segreti che sono state riconosciute da tutta una serie di sentenze riguardanti vicende molto gravi, stragi e così via... hanno determinato un uso di carte di un'istituzione pubblica come strumento di lotta politica o addirittura per condizionare il funzionamento complessivo dello Stato attraverso interventi di tipo stragistico. Tutte le volte che vicende di questo genere si ripresentano, come in questo caso che può apparire minore rispetto alle deviazioni dei servizi segreti che abbiamo accertato in passato, ecco, quando si manifestano queste vicende apparentemente minori, credo che si debba guardare molto più a fondo perché c'è il rischio che corpi dello Stato, in parte, in tutto, deviati, guidati da qualcuno, diventino strumento per inquinare la lotta politica, per condizionare i comportamenti delle persone che hanno responsabilità istituzionali. Tutto questo al netto del giudizio su Marrazzo che ovviamente è un giudizio negativo per il modo in cui si è arrivati a questa forma di accertamento del fatto e di utilizzazione di questa vicenda, inquietante per sé. 
Marrazzo, in questo stesso periodo ha preso decisioni importanti che riguardavano la sanità, come commissario straordinario, ma anche il comune e il mercato ortofrutticolo di Fondi. Il Pd in quel periodo aveva caldeggiato lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del comune di Fondi mentre il governo l'aveva bloccato. Tutto questo avveniva esattamente nel periodo in cui l'allora governatore Marrazzo era vessato da questi marescialli, da questa squadretta della compagnia Trionfale. Un fatto preoccupante. 
Certo che è un fatto preoccupante. Il rischio, la possibilità che i comportamenti di Marrazzo siano stati influenzati dal sapere di essere ricattato è un punto che va accertato. Aggiungerei che le telefonate di Berlusconi che sostanzialmente gli indicava la via d'uscita - che era quella di comprare lui il video - e a prescindere che fossero o no le intenzioni di Berlusconi, era un modo per mantenere questa situazione... diciamo per lo meno di dubbio, di debolezza, di influenzabilità di Marrazzo, dal momento che qualsiasi decisione Marrazzo avesse poi preso, sapeva che il presidente del Consiglio era in grado di mettere fuori questo tipo di informazione, perché lui la conosceva. Quindi, il condizionamento sarebbe comunque rimasto. Ed è qui la gravità dell'intervento di Berlusconi. Fossero buone o cattive le sue intenzioni. E' evidente che questo tipo di interventi, queste deviazioni da parte di pezzi di corpi dello Stato sono inquietanti in sé e poi per altro determinano la situazione che lei ha detto di influenzabilità di chi può prendere decisioni molto importanti. 
Di fronte a un caso come questo. Di fronte alle ombre lunghe di servizi, mafie e tutto quello c'è dietro... un cronista, un magistrato, un pubblico ministero possono essere meno che indipendenti per fare luce su tutto questo? 
No. Il tema dell'indipendenza è il tema capitale. Non è un caso che in questo momento si cerchi di limitare proprio l'indipendenza e l'autonomia di questi poteri di controllo. I magistrati vengono attaccati, delegittimati, intimiditi. I magistrati vengono privati della possibilità piena di indagare. E questo incide sulla loro indipendenza e autonomia. Il sistema dell'informazione viene intimidito. Non dimentichiamo che il presidente del Consiglio in più di un'occasione ha detto esplicitamente di non fare pubblicità sui giornali che erano critici nei suoi confronti. Il che fa pensare che per esempio tutto il sistema che fa capo a lui, pensiamo all'editoria, si asterrà dal fare pubblicità su quei giornali, pregiudicandone quindi la possibilità di avere i finanziamenti necessari, a parità degli altri per poter fare in modo indipendente il proprio lavoro. Non c'è dubbio che il tema dell'indipendenza è alla base della possibilità di avere istituzioni di controllo che in democrazia sono assolutamente necessarie. 

pinofinocchiaro@iol.it

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