Professor
Rodotà, Articolo 21 si appresta a lanciare una campagna che leghi i
temi dell'indipendenza della magistratura con quelli della libertà di
stampa. Secondo lei esiste questo legame?
Sì. Penso e dico da molto tempo che c'è un legame
rappresentato dal fatto che tutti i poteri di controllo sono stati
progressivamente prima messi sotto accusa e poi laddove possibile messi
nelle condizioni di non funzionare o di apparire delegittimati. I
problemi di equilibrio e di controllo nel nostro sistema sono il
Parlamento, le varie magistrature, a cominciare dalla Corte
costituzionale, il sistema dell'informazione. Credo che in questo
momento il legame tra queste cose è assolutamente evidente. Il
Parlamento è addirittura chiuso. Una funzione essenziale dello stato
costituzionale di diritto è inoperante.
In che senso, inoperante?
Fini ha chiuso la Camera per dieci giorni. E poi era
diventato evidente che il Parlamento era diventato soltanto un luogo
dove si ratificavano le decisioni del governo. Dove si discutevano e si
approvavano solo decreti legge. Magari a colpi di voti di fiducia.
Quindi, la funzione di equilibrio, di contrappeso, di controllo del
Parlamento era stata assolutamente cancellata. Questa decisione di Fini
registra uno stato di fatto con dieci giorni di non attività
parlamentare. Non si è in condizioni di discutere proposte di legge
perché non c'è la possibilità di avere la copertura finanziaria che è
nelle mani del governo. Tutto questo dimostra che una funzione
essenziale di equilibrio e di controllo in uno stato costituzionale di
diritto, l'Italia, è praticamente azzerata.
Parliamo del potere di controllo affidato alle magistrature.
Il
parlamento ha una funzione di controllo e di contrappeso politico. La
magistratura ha una funzione di controllo e accertamento di legalità,
che può essere il controllo di legalità della Corte Costituzionale, cioè
la conformità della legge alla costituzione e un controllo di legalità
ordinario che è quello fatto dai vari giudici ordinari e amministrativi e
cioè di conformità dei comportamenti dei diversi soggetti privati e
pubblici con le regole fissate dalla legge. Tale potere di controllo è
in questo momento attaccato con varie ipotesi: ipotesi di nuove regole
di composizione della Corte Costituzionale, sostanzialmente per ridurne
l'autonomia e l'indipendenza, operazioni dello stesso tipo nei confronti
della magistratura con l'idea di separazione delle carriere, con l'idea
di diminuzione delle capacità di accertamento delle illegalità da
parte dell'ufficio del pubblico ministero. Il tutto confermato dal fatto
che è in discussione una normativa che prevede sia la polizia
giudiziaria, non dipendente dal magistrato, a fare le indagini e a
trasmettere poi le indagini al pubblico ministero che deciderà a questo
punto se esercitare l'azione penale. Solo che la polizia è sotto il
controllo del ministero dell'Interno. E quindi non passerà alla
magistratura quelle vicende che sono sgradite al potere politico. Poi ci
sono le limitazioni legate alla possibilità di intercettare riducendo
sia i casi in cui le intercettazioni sono possibili, sia i tempi delle
intercettazioni. Qui il legame tra sistema giudiziario e sistema
dell'informazione si fa molto diretto. Perché se diminuisce la capacità
di indagine, di accertamento di illegalità da parte della magistratura
evidentemente diminuiscono anche le possibilità del sistema informativo
di passare all'opinione pubblica le informazioni riguardanti
comportamenti difformi dalla legge. Più specificamente, i divieti di
pubblicazione dei contenuti delle intercettazioni, anche quando non
siano più coperti da segreto, diventa un modo esplicito di impedire che i
cittadini possano avere conoscenza di vicende molto gravi attivando
così circuiti di opinione pubblica che sono importanti per imporre
decisioni che non sono strettamente legate all'accertamento giudiziario
ma possono riguardare altre forme di responsabilità. Faccio solo un
caso. Se fosse stata vigente la normativa che in questo momento si deve
ancora discutere sulle intercettazioni telefoniche, l'intera vicenda dei
furbetti del quartierino e dintorni, cioè la Banca nazionale del lavoro
e così via, non sarebbe arrivata a conoscenza dell'opinione pubblica.
Per esempio, il governatore della Banca d'Italia sarebbe rimasto al suo
posto. Mentre, invece, c'erano dei comportamenti, può darsi non siano
rilevanti penalmente, ma che certamente erano in contrasto con le regole
deontologiche, con la correttezza professionale. Quindi, l'intreccio è
continuo. Con questo tipo di organizzazione di governo tutti i controlli
sono sgraditi. E' un governo, una maggioranza, che vogliono avere le
mani libere con l'argomento: noi siamo stati eletti dal popolo e questo
impedisce che altri intralcino il nostro lavoro. L'attacco al sistema
informativo, poi assume tutte le forme che conosciamo. Anche qui con
sintonie molto forti con quello che è l'attacco al sistema giudiziario.
Perché quando Berlusconi telefona a Ballarò, dice nello stesso tempo che
l'informazione è comunista e che i pm sono comunisti. Una serie di
parallelismi che si spiegano proprio con questa insofferenza per ogni
tipo di controllo e con la volontà di concentrare solo nelle mani
dell'esecutivo ogni forma di potere senza garanzie e senza occhi aperti.
A
proposito di garanzie. Quando parliamo della libertà dei giornalisti,
parliamo anche della libertà di scrivere o non scrivere cose che il
giornalista può ritenere non utili, non necessarie. Invece, abbiamo
assistito ad attacchi da parte delle televisioni di proprietà del
premier nei confronti di un giudice, il giudice Mesiano, colpevole di
aver emesso una sentenza civile. Se questo si dovesse allargare...
chiunque potrebbe attaccare o pedinare un giudice perché ha affidato il
figlio alla moglie oppure perché ha deciso su una proprietà o un diritto
di passaggio. Francamente, siamo al paradosso della giustizia.
"Certo. Questo non è un uso corretto
dell'informazione. Rispetto a tanti casi di violazione vera o presunta
della privacy che ci sono stati in questo periodo penso che il caso del
giudice Mesiano sia il più grave di tutti. Se ci si fosse limitati a
dire che il giudice Mesiano è diventato una figura pubblica perché ha
pronunciato una sentenza che ha fatto scalpore - quella dei 750 milioni
di risarcimento della Fininvest alla Cir di De Benedetti - e si fosse
pubblicata la foto, scattata in luogo pubblico, non ci sarebbe stato
nulla da obiettare. Ma qui che cosa è accaduto? E' accaduto che questo
giudice sia stato seguito, filmato, i suoi comportamenti del tutto
aderenti a quello che è l'ordinario comportarsi di una persona nel corso
della giornata. Camminare davanti al barbiere, fumare, sedersi su una
panchina, sono stati oggetto non solo di diffusione senza
l'autorizzazione della persona interessata, magari con l'argomento che
si trattava di un luogo pubblico, ma esposti a commento. Questo è un
modo per espropriare le persone dell'intimità minima. Quella che ognuno
di noi dovrebbe avere rispettata, perché questa è la soglia
dell'esistenza che dobbiamo conservare al di fuori di ogni intromissione
esterna. Se io esco di casa e questo semplice fatto diventa oggetto di
ripresa e di trasmissione, evidentemente, questa sfera di intimità e
riservatezza viene completamente azzerata. Rispetto a tutti i casi che
sono stati ricordati in questa fase, questo mi sembra assolutamente il
più grave per la violazione della riservatezza della persona, spinta
sino a soglie che non possono essere superate. Anche le cosiddette
figure pubbliche hanno diritto alla sfera di intimità quando le
informazioni che li riguardano non si riferiscono alle funzioni che
esercitano. Ora, non c'è dubbio che tra la decisione del giudice Mesiano
e andare dal barbiere o portare i calzini di un certo colore non c'è
nessun possibile tipo di rapporto. Ecco perché questo è un caso
gravissimo di violazione della privacy. E' un caso gravissimo di
violazione del codice di deontologia da parte del giornalista.
Abbiamo
l'impressione, da giornalisti - se vuole da osservatori privilegiati di
quello che accade - di tornare ad un periodo di conflitto tra
istituzioni o nelle istituzioni, un po' paragonabile a quello degli anni
'70. Il caso Marrazzo. Non voglio entrare nel merito delle
frequentazioni dell'ex governatore del Lazio. Però, il fatto che cinque
carabinieri abbiano potuto pedinare, vessare, rapinare il governatore
del Lazio - potrebbero anche averlo, dico così a livello teorico,
indotto a fare degli atti politici sotto la minaccia delle armi o del
ricatto - il fatto che accada tutto questo e tutto ciò si prolunghi per
tre lunghissimi mesi sino all'intervento delle altre forze
dell'ordine... è un fatto inquietante?
E' un fatto
inquietante. Devo dire che avviene in un contesto... Lei ricordava anni
passati ... un contesto che è ancora più inquietante di quanto non
avvenisse in passato perché in questo momento la delegittimazione di
tutte le istituzioni di controllo apre le porte a queste che...
chiamiamole deviazioni dei carabinieri... però sono comportamenti che
vengono a condizionare il funzionamento del sistema politico. Non
dimentichiamo che noi veniamo da un'epoca che io non so se sia stata
chiusa, quella delle deviazioni dei servizi segreti. Deviazioni dei
servizi segreti che sono state riconosciute da tutta una serie di
sentenze riguardanti vicende molto gravi, stragi e così via... hanno
determinato un uso di carte di un'istituzione pubblica come strumento di
lotta politica o addirittura per condizionare il funzionamento
complessivo dello Stato attraverso interventi di tipo stragistico. Tutte
le volte che vicende di questo genere si ripresentano, come in questo
caso che può apparire minore rispetto alle deviazioni dei servizi
segreti che abbiamo accertato in passato, ecco, quando si manifestano
queste vicende apparentemente minori, credo che si debba guardare molto
più a fondo perché c'è il rischio che corpi dello Stato, in parte, in
tutto, deviati, guidati da qualcuno, diventino strumento per inquinare
la lotta politica, per condizionare i comportamenti delle persone che
hanno responsabilità istituzionali. Tutto questo al netto del giudizio
su Marrazzo che ovviamente è un giudizio negativo per il modo in cui si è
arrivati a questa forma di accertamento del fatto e di utilizzazione di
questa vicenda, inquietante per sé.
Marrazzo,
in questo stesso periodo ha preso decisioni importanti che riguardavano
la sanità, come commissario straordinario, ma anche il comune e il
mercato ortofrutticolo di Fondi. Il Pd in quel periodo aveva
caldeggiato lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del comune di
Fondi mentre il governo l'aveva bloccato. Tutto questo avveniva
esattamente nel periodo in cui l'allora governatore Marrazzo era vessato
da questi marescialli, da questa squadretta della compagnia Trionfale.
Un fatto preoccupante.
Certo che è un fatto preoccupante. Il rischio, la
possibilità che i comportamenti di Marrazzo siano stati influenzati dal
sapere di essere ricattato è un punto che va accertato. Aggiungerei che
le telefonate di Berlusconi che sostanzialmente gli indicava la via
d'uscita - che era quella di comprare lui il video - e a prescindere
che fossero o no le intenzioni di Berlusconi, era un modo per mantenere
questa situazione... diciamo per lo meno di dubbio, di debolezza, di
influenzabilità di Marrazzo, dal momento che qualsiasi decisione
Marrazzo avesse poi preso, sapeva che il presidente del Consiglio era in
grado di mettere fuori questo tipo di informazione, perché lui la
conosceva. Quindi, il condizionamento sarebbe comunque rimasto. Ed è qui
la gravità dell'intervento di Berlusconi. Fossero buone o cattive le
sue intenzioni. E' evidente che questo tipo di interventi, queste
deviazioni da parte di pezzi di corpi dello Stato sono inquietanti in sé
e poi per altro determinano la situazione che lei ha detto di
influenzabilità di chi può prendere decisioni molto importanti.
Di
fronte a un caso come questo. Di fronte alle ombre lunghe di servizi,
mafie e tutto quello c'è dietro... un cronista, un magistrato, un
pubblico ministero possono essere meno che indipendenti per fare luce su
tutto questo?
No. Il tema dell'indipendenza è il tema capitale. Non è
un caso che in questo momento si cerchi di limitare proprio
l'indipendenza e l'autonomia di questi poteri di controllo. I magistrati
vengono attaccati, delegittimati, intimiditi. I magistrati vengono
privati della possibilità piena di indagare. E questo incide sulla loro
indipendenza e autonomia. Il sistema dell'informazione viene intimidito.
Non dimentichiamo che il presidente del Consiglio in più di
un'occasione ha detto esplicitamente di non fare pubblicità sui giornali
che erano critici nei suoi confronti. Il che fa pensare che per esempio
tutto il sistema che fa capo a lui, pensiamo all'editoria, si asterrà
dal fare pubblicità su quei giornali, pregiudicandone quindi la
possibilità di avere i finanziamenti necessari, a parità degli altri per
poter fare in modo indipendente il proprio lavoro. Non c'è dubbio che
il tema dell'indipendenza è alla base della possibilità di avere
istituzioni di controllo che in democrazia sono assolutamente
necessarie.
pinofinocchiaro@iol.it
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