venerdì 10 ottobre 2008

Avviso ai giornalisti (quelli veri)

"Egregio direttore mi trovo in un
carcere di massima sicurezza al 41 bis" e "da 11 anni giro
vari prigioni in attesa di processi" perche' "porto un nome
'pesante', 'discusso', 'odioso' e 'chiacchierato"' e i "mass
media mi indicano come un 'mafioso', come 'delfino', come
'erede' di mio padre".


Lo scrive, in una lettera inviata al
quotidiano La Sicilia di Catania, che la pubblica, Vincenzo
Santapaola, figlio del capomafia Benedetto.


Secondo Claudio Fava, coordinatore nazionale di Sinistra
Democratica, con la pubblicazione della lettera da parte del
quotidiano, Santapaola ha trovato il modo "per aggirare
l'isolamento e farsi beffe della giustizia".

Nella sua lettera, Vincenzo Santapaola rivela di essere stato
due mesi in coma dopo un incidente stradale e di avere trascorso
sei mesi paralizzato dalla vita in giu'.
"C'e' gente - scrive - che mi giudica e mi considera in base
a cio' che si e' detto e scritto su di me, additandomi come un
criminale. Ci sono altri che usano il mio nome in modo
scellerato per i loro loschi interessi. Questi ultimi sono
quelli che piu' mi danneggiano e che contribuiscono in modo
determinante a far si' che il 'mito Santapaola' resti sempre in
vita, mio malgrado".

"Sono Vincenzo Santapaola - conclude la missiva -, un uomo
che vuole vivere una vita da uomo qualunque, perche' nel mio
spirito, nel mio intimo, nel mio essere, io sono e mi sento un
uomo qualunque".

La pubblicazione della lettera "senza un rigo di commento"
- rileva il coordinatore di Sd, Claudio Fava - rappresenta "un
atto di subalternita' grave, in violazione della legge che per
Santapaola, come per il padre Nitto, prescrive l'assoluto
isolamento carcerario".

Fatto "ancora piu' grave - aggiunge
Fava - perche' si consuma grazie alle cortesie di un giornale
siciliano, in una terra che ha gia' contato otto giornalisti
ammazzati dalla mafia: uno di loro, certamente, per opera della
famiglia Santapaola".


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