giovedì 5 giugno 2008

Consigli per gli acquisti - 1




Francesco Forgione auspica la scorta mediatica

Il giornalismo d’inchiesta, antitodo
all’inabissamento della ‘ndrangheta

Intervista di Pino Finocchiaro

“Il giornalismo d’inchiesta, quello che gioca d’anticipo, che non s’accomoda nell’anticamera delle procure ma rischia sul campo, conosce e scava nel territorio è l’unico antitodo all’inabissamento delle mafie. E’ dovere di tutti offrire la scorta mediatica a quei cronisti di provincia che non si accontentano dell’evidenza dei fatti ma svano nella realtà per portare alla luce verità spesso scomode e sgradite alla politica, all’economia, ad un certo modo di fare informazione”.

Così, in sintesi, Francesco Forgione spiega perché intende “dedicare ai nove colleghi uccisi dalle mafie italiane” il suo volume sulla ‘ndragheta edito da Baldini e Castaldi che riprende gli atti della commissione parlamentare Antimafia da lui presieduta nella precedente legislatura.
Il ricavato, sottolinea il giornalista Forgiane, “Sarà interamente devoluto alle cooperative di Libera Terra che gestiscono i terreni confiscati alle mafie in tutta Italia”.

E’ un duro atto di testimonianza che parte dal paradigma della potentissima e sottaciuta ‘ndrangheta capace di incidere sul pil, sul mercato mobiliare e immobiliare, non solo del nostro Paese ma anche del mondo, tanto da essere registrate tra le più potenti organizzazioni di riciclaggio al mondo dal ministero del tesoro Usa, indicata al pari di Al Qaida e molto più influente di Cosa Nostra americana.

Il libro parla delle connivenze con politici, amministratori, appaltatori e imperi commerciali. Cita esempi che ci riportano alle vicende dei “consigli per gli acquisti” col controllo di Cosa Nostra sulla grande distribuzione in Sicilia, una vicenda esplosa con l’incendio a Catania della Standa e mai abbastanza esplorata.

“Cito l’incontro di Grigoli e Scuto nello studio Gatto e partono le querele. La verità dei fatti è scomoda per chi vive nel cono d’ombra”, commenta Francesco Forgione.

Ed è contro questo cono d’ombra che vanno accesi i fari dell’informazione. Senza timori reverenziali. Senza la preoccupazione di risultare scomodi ai poteri forti.

“Se la ‘ndragheta produce il 2,9 per cento del Pil nazionale abbiamo un problema nell’economia legale, non è più un problema di economia illegale”.

- Com’è riuscita a prosperare tanto la mafia calabrese? Connivenze o sottovalutazione?

“Hanno contribuito entrambe. Il sistema della ‘ndragheta è meno permeabile al fenomeno del pentitismo. La struttura familiare delle ‘ndrine scoraggia il potenziale collaboratore di giustizia a denunciare il fratello, il cognato, lo zio o il nipote. La ‘ndrangheta è poi riuscita a tenersi fuori dalle stragi o dagli omicidi eccellenti. Uniche eccezioni il delitto Fortugno e la strage di Duisburg. Seguite sempre dal totale inabissamento nel silenzio più assoluto da parte dell’organizzazione militare. Differentemente, la Camorra continua nella sua guerra a bassa intensità che ha lasciato sul campo 120 vittime in un anno, finendo per conquistare l’attenzione dei media”.

- Ma l’organizzazione militare delle mafie è solo una piccola parte dell’intera organizzazione.

“Nel caso della ‘ndrangheta questo è ancora più vero. Le organizzazioni calabrsi detengono il controllo dei canali d’accesso all’Europa della Cocaina. Sono considerate affidabili. Hanno saputo investire i proventi dei sequestri e del controllo sugli appalti in fiumi di droga e controllano tutti i mercati europei. Trattano direttamente con i colombiani e controllano gli itinerari magrebini e sahariani dei traffici di stupefacenti”.

- Siamo ancora nell’economia illegale.

“Ma investono e riciclano in attività, servizi e immobili con una capacità imprenditoriale che è monitorata e temuta persino dal ministero del Tesoro degli Stati Uniti. In tutto questo ci sono responsabilità dei circuiti economici. In Italia, in particolare, non si fanno controlli a sufficienza sulle operazioni che puzzano di riciclaggio ed una volta inserito nel circuito legale dell’economia, il tesoro della ‘ndragheta aumenta il proprio potere di pari passo con l’invisibilità”.

- Qui gioca un ruolo il giornalismo.

“Credo nel giornalismo d’inchiesta. Quello che non s’accomoda nei sofà delle procure in attesa delle carte. Quello che scava nel territorio che si confronta con la realtà del posto in cui vive. Poi vediamo che alcuni, come Giancarlo Siani, vengono uccisi. Ecco oggi il presidente Napoletano ricorda Giancarlo Siani a Napoli, dove fu ucciso, ma la politica, le istituzioni, i media devono scortare i giornalisti che hanno il coraggio di denunciare il marcio delle mafie inabissate.

“Vorrei si tornasse ad un giornalismo d’inchiesta che precede talvolta di anni le indagini della magistratura. Che le stimola, le aiuta a svilupparsi garantendo un controllo sociale dell’opinione pubblica. Garantendo all’opinione pubblica una capacità di lettura critica della realtà. Perché le mafie consumano i loro affari nell’ombra e grazie ai silenzi. Talvolta inquietanti. Come la scarsa attenzione concessa dai media al processo Spartacus contro il clan dei Casalesi.

“Come la scarsa attenzione ai 40 miliardi di euro giostrati a suo piacimento dalla ‘ndrangheta che sono un problema per l’economia legale. Ma anche per la geografia dei luoghi devastati da questa organizzazione pervasiva e ramificata. Il migliore alleato della ‘ndrangheta è proprio la conoscenza approssimativa sulla pervasività nell’Italia del Nord e nel resto d’Europa. Ecco perché i riflettori dei media contro le Mafie non vanno spenti, mai”.

pinofinocchiaro@iol.it
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http://www.pinofinocchiaro.it/

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